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Un angelo alla mia tavola

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Ricordo una giornata grigia in cui, i piedi vicino al cancello, ascoltavo il vento tra i fili del telegrafo. Per la prima volta ebbi la consapevolezza di una tristezza esterna a me, o che sembrava venire dal di fuori, dalla voce del vento che gemeva tra i fili. Guardavo su e giù per la lunga strada polverosa e non vedevo nessuno. Il vento soffiava di luogo in luogo sopra di noi, e io stavo lì in mezzo, ad ascoltare. Mi sentivo oppressa da una solitidune e da una tristezza come se fosse accaduto o cominciato qualcosa e io l'avessi intuito. Fino a quel momento, credo di non aver mai pensato a me stessa come a qualcuno che guardasse il mondo; io ero il mondo. Prestando ascolto al vento e alla sua triste canzone, mi rendevo conto di ascoltare una tristezza che non aveva alcun rapporto con me, che apparteneva al mondo.

 cosimina viscido - 15/02/2011 20:51:00 [ leggi altri commenti di cosimina viscido » ]

Si, in effetti, è di sicuro una posizione scomodissima... :):):)
Infatti c’è un errore di battitura. " In piedi"...grazie per avermelo fatto notare.
Queste righe sono piaciute molto anche a me. Pensare ad una tristezza che appartiene al mondo, che ci accumuna tutti...e che è per tutti lo stesso male e lo stesso bene...
Janet Frame è una scrittrice che stimo molto...
Un saluto

 Giuseppe Terracciano - 15/02/2011 17:12:00 [ leggi altri commenti di Giuseppe Terracciano » ]

Mi è piaciuto, soprattutto il passaggio: "Fino a quel momento, credo di non aver mai pensato a me stessa come a qualcuno che guardasse il mondo; io ero il mondo". Molto bene anche il finale.
L’unica cosa è che non riesco facilmente ad immaginare "i piedi vicino al cancello", mi sembra una posizione quanto meno innaturale.
Brava comunque!

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